“…FARO’ DI PIÙ DAL PARADISO”

Alcuni momenti e scatti di novembre 2024 Scarica l’articolo

Il fatto

 


I fatti di questa storia ci fanno venire i brividi solo a sentirli! Un giorno, in un luogo disperso nella foresta amazzonica brasiliana, vicino alla missione dei missionari della Consolata di Catrimani, Sorino, questo è il suo vero nome, si alza e va a caccia. Vivono così loro, di caccia e pesca, una vita comunitaria forte e una credenza importante nella madre terra e nel mondo degli spiriti, degli antenati. Mentre sta cercando la sua preda, un giaguaro vede in lui una preda e lo attacca, aprendo il cranio in un modo violento e facendogli uscire fuori il cervello. Non si sa come, ma lui riesce anche in quella situazione, a divincolarsi e camminare per due chilometri fino a casa. Quando arriva alla soglia della maloca (la loro casa comunitaria) cade senza forze, sanguinando copiosamente. La gente si agita, vede che c’è poco da fare, ma vanno alla missione. Trovano solo suor Felicita, una giovane missionaria della Consolata che si trovava in quella missione solo da sei mesi. Le chiedono armi (evidentemente perché volevano andare a cercare il giaguaro). Lei non ne ha e loro fanno ritorno, sempre agitati, alla loro maloca, dove si trova Sorino. Lei li segue e trova l’uomo in una situazione penosa. La suora è infermiera, ma non ha niente con sé in quel momento e cerca in qualche modo, come può, di fermare l’emorragia e di riportare il cervello al suo posto. Chiede alla gente che Sorino venga portato in ospedale. Già, l’ospedale! Si trova nella città di Manaus, che non è raggiungibile se non attraverso il fiume, quindi dopo parecchi giorni di viaggio oppure con un elicottero, che è costoso e difficile da trovare. In qualche modo, la suora riesce a ottenere un aereo militare per trasportare Sorino in ospedale ed è lì che si pone il problema. Lui è agonizzante, la gente la minaccia e gli dice che un Yanomami non può morire fuori dalla foresta! Lo sciamano aveva già iniziato a invocare gli spiriti degli antenati perché venissero a prenderlo. “Se muore fuori dalla foresta, il suo spirito non troverà pace” gli dicono, e tornerà a tormentare il villaggio. Comunque, se muore in ospedale, quindi fuori dalla foresta, anche suor Felicita dovrà morire! E la missione sarà chiusa. Suor Felicita, nella grande paura comincia a pregare, a invocare Giuseppe Allamano, fondatore dei missionari e missionarie della Consolata, di salvare Sorino, di salvare lei, di salvare la missione. Invita le sue consorelle che sono a Manaus le quali si prendono cura di Sorino in Ospedale, di pregare. Si fanno forza insieme e invocano Giuseppe Allamano. Mettono pure, di nascosto, sotto le lenzuola dell’ agonizzante Sorino una reliquia del Beato. Dopo qualche giorno, trovano Sorino seduto sul letto di ospedale, che mangia. Torna al suo villaggio e nella sua foresta e fino a oggi continua con la sua vita. Dopo un po ‘ di anni, si comincia a investigare su questo fatto. Vengono chiamati teologi, medici, esperti di tutti i settori come è da prassi della chiesa cattolica per i processi di canonizzazione. La sentenza è chiara – Sorino non aveva grandi speranze, e la cosa più sorprendente è che fino a oggi, le parti del cervello che fanno parlare sono danneggiate, Sorino non dovrebbe parlare, eppure parla; la parte del cervello che fa funzionare la vista è danneggiata, eppure lui vede. La sua guarigione fu pronta, quindi miracolosa, gli interventi chirurgici servivano quasi a niente. Lui svolge una vita normale e non ha più avuto ricadute.

Interpretazione

Questo intervento dal cielo viene attribuito naturalmente a Dio per l’intercessione di Giuseppe Allamano e la preghiera delle suore e dei padri. È importante notare le circostanze attorno a questo evento prodigioso: Sorino, il miracolato, è un nessuno. Praticamente. Non ha carta di identità, nel senso che non è registrato da nessuna parte e in nessun anagrafe. Non è battezzato e quindi nessun registro parrocchiale può vantarsi di averlo tra le sue fila. Dio è andato a scegliere proprio Lui, un nessuno. È già accaduto altre volte nella sacra scrittura e nella storia della salvezza. Abramo è un nessuno all’inizio della sua chiamata, Mosè è un nessuno, buttato in un cesto e nascosto sulla riva del fiume, Davide viene preso dalle campagne e tra i suoi pascoli, e la lista può allungarsi.

Il miracolo avviene in un luogo abbandonato da tutti, che serve solo per lo sfruttamento delle materie prime. È veramente un posto abbandonato da tutti come Nazaret! Può qualcosa di buono venire da Nazaret? Si chiedeva Natanaele quando gli hanno annunziato Gesù di Nazaret. Sono le periferie che papa Francesco ci ricorda spesso. È curioso anche notare che i missionari, cioè, suor Felicita e gli altri vengono chiamati a fare da testimoni. Il miracolo era già in corso quando è arrivata alla maloca, si può dire. Ci si chiede come Sorino abbia fatto a camminare per due chilometri con il cervello fuori uscito e con la perdita di sangue che aveva, come sia sopravvissuto tutto quel tempo dall’incidente fino al momento dell’arrivo in ospedale. La preghiera delle suore e dei padri è stata importante, ma il miracolo era già in corso. Cosa voleva dire Dio alla sua chiesa attraverso questo miracolo accaduto li? Intanto è il sentire di tutti che sia una conferma alla scelta decisiva della missione ad gentes, che è il carisma dei missionari e missionarie della Consolata. La conferma della presenza di Dio nei popoli abbandonati e che non conoscono il vangelo. È la conferma della scelta, anche voluta da Giuseppe Allamano, del rispetto delle culture, delle persone, delle altrui credenze. Il Miracolo dell’Amazzonia ci conferma anche l’importanza di custodire la vita, di curarla, di proteggerla. Certamente le gente del villaggio aveva già perso le speranze per Sorino, ma lui ha chiesto, con una voce sommersa, al sr. Felicità di salvarla. Lui voleva vivere e sapeva che la suora poteva fare qualcosa. Questo miracolo ci conferma nella nostra fede in Dio, della sua presenza e forza, del suo amore. Nel nostro mondo così incredulo e scettico, questo evento ci invita a tornare a credere, a sperare, ad amare.

 


Calendario liturgico e alcuni appuntamenti di novembre 2024:

 

 

1

Venerdì

Tutti i Santi – orario messe festivo, ore 18,45 – veglia per tutti i defunti

2

Sabato

Commemorazione di tutti i fedeli defunti

Messe ore 09,00 e ore 18,00

3

Domenica

XXXI Domenica del Tempo Ordinario

4

Lunedì

San Carlo Borromeo, vescovo

5

Martedì

 

6

Mercoledì

ORE 15,00 – Incontro amici e pensionati

7

Giovedì

Adorazione eucaristica continua – dalle 09,30 alle 17,45

Ore 18,45 – Consiglio pastorale parrocchiale

8

Venerdì

 

9

Sabato

Dedicazione della basilica Lateranense

Ore 09,00 – messa gruppo mariano

Ore 15,00 – oratorio festivo, ore 16,45 – catechismo

Ore 18,00 – messa e conferimento del ministero del lettorato ai seminaristi

10

Domenica

XXXII Domenica del Tempo Ordinario

11

Lunedì

San Martino di Tours, vescovo

12

Martedì

San Giosafat, vescovo e martire

Ore 18,30 – gruppo missionario

13

Mercoledì

ORE 15,00 – Incontro amici e pensionati

Ore 20,45 – incontro equipe domeniche comunitarie

14

Giovedì

Adorazione eucaristica continua – dalle 09,30 alle 17,45

15

Venerdì

Sant’Alberto Magno, vescovo e dottore della Chiesa

16

Sabato

Ore 09,00 alle 18,00 raccolta banco alimentare

Ore 15,00 – oratorio festivo, ore 16,45 – catechismo

Ore 19,00 – cena circolo

17

Domenica

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

18

Lunedì

Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo, apostoli

19

Martedì

Martedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario

Ore 20,45 – direttivo circolo

20

Mercoledì

ORE 15,00 – Incontro amici e pensionati

21

Giovedì

Presentazione della Beata Vergine Maria

Adorazione eucaristica continua – dalle 09,30 alle 17,45

22

Venerdì

Santa Cecilia, vergine e martire

23

Sabato

Ore 15,00 – oratorio festivo, ore 16,45 – catechismo

24

Domenica

Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo

Domenica comunitaria intergenerazionale

25

Lunedì

 

26

Martedì

 

27

Mercoledì

Ore 09,00 – messa in onore della madonna della medaglia miracolosa

ORE 15,00 – Incontro amici e pensionati

Ore 2030 – incontri consigli parrocchiali UNITÀ PASTORALE

28

Giovedì

Adorazione eucaristica continua – dalle 09,30 alle 17,45

29

Venerdì

Venerdì della XXXIV settimana del Tempo Ordinario

30

Sabato

Sant’Andrea, apostolo

Ore 15,00 – oratorio festivo, ore 16,45 – catechismo

«… Io non voglio morire né un’ora prima né un’ora dopo»

È vero che la morte ci colpisce fortissimo e ci porta il dolore, lo sgomento, il senso di vuoto, il quesito, il dubbio, la sofferenza e la tristezza ma dobbiamo affrontarla con fede profonda. San. Allamano ci ha lasciato un esempio da imparare. Non poche volte durante la propria vita San. Allamano ha dovuto sostenere il peso della morte di persone care, ad esempio la sua buona mamma e i suoi fratelli. Ciò avvenne sia nella propria famiglia e parentela che nei suoi due istituti missionari. San. Allamano era legato da tenerissimo affetto alla sua mamma. La notizia della morte della mamma l’Allamano la seppe in ritardo mentre si trovava in seminario durante il terzo corso teologico perciò egli ne venne a conoscenza a funerale celebrato. L’Allamano sente il dolore di avere perso la sua buona mamma per cui preferisce ricordare soltanto i bei momenti che avevano condiviso insieme. “Il fatto di non avere potuto assistere la mamma morente, né partecipare al suo funerale lo segnò profondamente, soprattutto sul piano affettivo”. “Ricordandomi questa circostanza pietosa – disse il medico Bellini – il canonico Allamano era vivamente commosso”. San. Allamano anche perde il suo collaboratore Camisassa; questo non fu facile per lui perché si poteva constatare il mirabile esempio di amicizia fra questi due preti: la loro fraterna collaborazione e amicizia è durata tutta la vita senza incrinature. Nel rispetto si danno del lei e mai del tu e nella condivisione di ideali, vita, tormenti e preoccupazioni, per cui Allamano ebbe a dire dopo la morte del Camisassa; “Era sempre intento a sacrificarsi, pur di risparmiare me; con la sua morte ho perso tutte e due le braccia. Erano 42 anni che eravamo una cosa sola, tutte le sera passavamo nel mio studio lunghe ore…abbiamo promesso di dirci la verità e l’abbiamo sempre fatto.” Ogni morte lo colpisce profondamente e lo fa soffrire fino alla lacrime. Però la sua partecipazione umana rimane sempre intensa, sempre arricchita e sostenuta da forte senso di fede nella vita soprannaturale. Noi credenti dobbiamo riconoscere che la morte può essere un guadagno e la vita un castigo. Perciò San Paolo dice “per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (fil 1, 21). Per San. Allamano il pensiero della morte come inizio della vita eterna fu sempre familiare. Specialmente verso gli ultimi anni di vita, i riferimenti alla morte furono più frequenti. Invecchiando egli si univa sempre a Dio e in certo senso anticipava già sulla terra la comunione della beatitudine eterna. L’uomo pronto a rendere conto della propria vita a Dio. Questa era la sua disposizione di spirito. “Io non voglio morire né un’ora prima né un’ora dopo di quella che ha assegnato la Divina Provvidenza perché so che quell’ora è meglio per me e per voi.” Era convinto che dal cielo poteva benedire di più i suoi figli e figlie. Di fatto diceva “per voi ho vissuto tanti anni e per voi consumai roba, salute e vita, spero morendo di divenire vostro protettore in cielo.” San. Allamano era convinto che la preghiera più significativa per i defunti è la S. Messa celebrata per loro. La preghiera con cui esprimiamo la nostra fede e la nostra speranza nel Signore della vita. Pertanto supplicava i suoi missionari e missionarie di pregare per i confratelli e consorelle defunti specialmente nella S. Messa. Diceva “come è bello nella comunità quando si dice che ricordiamo l’anniversario della morte del confratello e consorella.” Brian Siva.

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