“Ma quando verrà, troverà la fede sulla terra?”

Alcuni momenti e scatti di marzo e avvisi di aprile 2024 Scarica l’articolo

 


«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,6-8).

Questa è la domanda che Gesù, nel vangelo di Luca 18,8 pone ai suoi discepoli. È la stessa domanda che l’arcivescovo di Torino, Roberto Repole ha posto, con un’osservazione assai chiara: «Oggi, sperimentiamo meglio e più intensamente quel che è vero sempre: la fede non è mai scontata. Veniamo da un tempo in cui poteva essere pacifica un’appartenenza formale alla Chiesa e potevano essere scontate talune strutture sociali impregnate di Cristianesimo, che, almeno in superficie, favorivano la fede. Ma questa, nei suoi dinamismi profondi, non è mai scontata.

Oggi, possiamo percepirlo in modo più radicale…. ci fa bene non sfuggire una domanda che dobbiamo farci con estrema radicalità: qual è lo stato di salute della mia fede? Sono ancora autenticamente credente, pronto a riporre ogni mia attesa unicamente in Cristo, convinto nel profondo che i motivi più radicali della mia gioia e della mia tristezza non stanno nei cosiddetti successi o insuccessi pastorali e neppure fuori di me, ma nel sentirmi o non sentirmi accolto, custodito e amato da Lui? E che questa fede è maturata e sta maturando nel tempo, a contatto con situazioni nuove, in stagioni diverse della mia vita, davanti a domande esistenziali, che non sfuggo con superficialità o rigidità? Dovrebbe essere evidente a tutti che, per rimanere credenti, dobbiamo prenderci cura della nostra fede».

La sfida che lancia l’arcivescovo è importante e come comunità parrocchiale dovremmo accoglierla e farla nostra. Cosa ne facciamo della nostra fede non propriamente nutrita e quindi debole e confusa? Cosa ne facciamo di cristiani tiepidi? Quale contributo di bene può offrire alla propria famiglia e comunità una fede vissuta all’acqua di rose? In un ambiente multiculturale e multireligioso e peraltro post moderno, una comunità cristiana può veramente permettersi il lusso della superficialità? Prenderci cura della nostra fede, prenderci cura della nostra vita, prenderci cura dei nostri rapporti diventa allora decisivo per poter essere davvero missionari e rimanere fedeli a Cristo! L’anno giubilare che ci stiamo preparando a vivere ci da offre ulteriori spunti per vivere e curare la nostra fede e vita per poter poi essere testimoni autentici e sereni. Il giubileo come già ricordato nel mese scorso è un’estensione del precetto del sabato dove Dio chiede all’uomo di seguire il suo esempio e di riposarsi. Dio portò a compimento nel settimo giorno il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché cessò in esso da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. (Gen 2,1-3); Dio benedice il settimo giorno. Benedire nella bibbia non mette soprattutto l’accento sulla protezione che siamo abituati a pensare, ma ha il significato soprattutto di rendere fecondo. Dio rende fecondo il settimo giorno. Ma perchè un giorno di riposo viene reso fecondo? Dopo aver benedetto gli animali marini e i volatili nel quinto giorno e l’uomo e la donna nel sesto, Dio aggiunge di essere fecondi e moltiplicarsi (Gen 1,22.28). Il settimo giorno è ricco di «fecondità», possiede, cioè, un’energia di vita che dipende solo dal Creatore. Questo ha conseguenze importanti circa la vita e l’opera dell’uomo. Il lavoro è fecondo se l’uomo tralascia di lavorare per riposare, per prendere le distanze dall’opera delle proprie mani e per entrare dentro il riposo di Dio. Benedicendo il sabato, che porta a compimento la creazione, Dio in qualche modo assicura che la benedizione accompagnerà l’uomo in tutta la sua storia; osservando il sabato, questi potrà conoscere il Signore come la fonte di ogni benedizione e accedere ad essa, per trarne vita, gioia, pace. Questa è la portata di precetto del sabato, che per noi cristiani è divenuto giorno del Signore, la domenica, in ricordo della risurrezione di Gesù. Vivere appieno quindi la domenica, come giorno benedetto ci rende benedetti, osservare il riposo, che non è ozio ma è porre al centro ciò che veramente è importante. I ritmi della vita odierna sono spesso molto disumani e frenetici. Il riposo, nel Signore, quindi facendoci compagnia di Lui, ci ridona la benedizione, la fecondità, infonde nuovo spirito, nuove energie vitali. Rende stabili i nostri cuori e le nostre relazioni.

Se Gesù è venuto perché “abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza”, è chiaro che il precetto del sabato, quindi il santificare (mettere da parte, separare) il giorno del Signore ci dona l’opportunità di vivere questa abbondanza. In realtà, durante il girovagare nel deserto degli Israeliti, quando il Signore ha dato al popolo la manna, al sesto giorno, si poteva raccogliere la doppia razione della manna e delle quaglie che servivano per nutrirsi, cosa che non si poteva fare negli altri giorni. Viene da dire che questo “riposo” ci dona la doppia razione della vita, delle relazioni, della fede. Così con la doppia razione siamo più missionari.

Giuseppe Allamano osava dire ai suoi missionari: “È ciò che vi ripeto di continuo: le anime si salvano con la santità. Volere, cioè, far buoni gli altri senza esserlo noi è volere l’impossibile. Nessuno può dare ciò che non ha. Potremmo amministrare un sacramento anche se non siamo santi; ma convertire persone, no. Dio ordinariamente non concede di toccare i cuori a chi non è unito a Lui con grande carità, da poter quasi pretendere miracoli. Credetelo, chi non arde, non incendia, chi non ha fuoco di carità, non può comunicarlo. Non bisogna trascurare l’unione con Dio e sacrificare la propria santificazione per dedicarsi agli altri.”

La comunità parrocchiale offrirà i mezzi per questo percorso – le celebrazioni curate, i momenti di preghiera e di riflessione, momenti comunitari di festa e distensione ma ognuno è invitato a farli propri. “Santificando” il giorno del Signore, cioè, mettendolo da parte, e quindi santificare la comunità, la famiglia, il territorio ci permetterà di essere testimoni del risorto nella bellezza e la serenità di una vita vissuta in Cristo. Inoltre, proprio per permetterci di vivere intensamente la comunità, saranno attivati momenti di balli di gruppo e di coppia come anche delle passeggiate soprattutto per gli anziani. Nell’augurare buon cammino in questo mese missionario, invoco la benedizione del Signore su tutti con questa preghiera “Concedi, o Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà di pace e la Chiesa si dedichi con gioiosa fiducia al tuo servizio. Per Cristo nostro Signore. Amen.”

Ecco dunque il calendario liturgico e alcuni appuntamenti di Ottobre 2023:

1 Martedì M Santa Teresa del Bambino Gesù, vergine e dottore della Chiesa
2 Mercoledì M Santi Angeli custodiore 15,00 – incontro pensionati e amici
3 Giovedì  
  • Dalle o9,30 alle 17,45 – adorazione Eucaristica continua
4 Venerdì M

San Francesco d’Assisi, religioso

  • ore 17,00 – Rosario Missionario in Chiesa
  • Inizio “la 2 giorni giovanissimi”
5 Sabato m

Santa Faustina Kowalska, vergine – la “2 giorni” giovanissimi

  • Ore 09,00 – gruppo Mariano – Ore 16,30 – catechismo
6 Domenica  

XXVII Domenica del Tempo Ordinario – fine “la 2 giorni” giovanissimi

  • Catechismo dopo messa
7 Lunedì M Beata Vergine Maria del Rosario
8 Martedì  
  • Ore 18,30 – incontro gruppo missionario
9 Mercoledì  
  • ore 15,00 – incontro pensionati e amici
10 Giovedì  
  • Dalle o9,30 alle 17,45 – adorazione Eucaristica continua
  • Ore 18,30 – incontro direttivo circolo Allamano
11 Venerdì m San Giovanni XXIII, papa – ore 17,00 – Rosario Missionario in Chiesa
12 Sabato m
  • Ore 16,30 – catechismo
13 Domenica   XXVIII Domenica del Tempo Ordinario – Catechismo dopo messa
14 Lunedì m San Callisto I, papa e martire
15 Martedì M Santa Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa
16 Mercoledì m Santa Margherita Alacoque – ore 15,00 – incontro pensionati e amici
17 Giovedì M

Sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire

  • Dalle o9,30 alle 17,45 – adorazione Eucaristica continua
  • ore 17,00 – Rosario Missionario in Chiesa
18 Venerdì F San Luca, evangelista – pellegrinaggio a roma canonizzazione allamano
19 Sabato m

San Paolo della Croce – pellegrinaggio a roma canonizzazione allamano

  • Ore 16,30 – catechismo
20 Domenica  

XXIX Domenica del Tempo Ordinario – catechismo dopo messa

  • pellegrinaggio a roma canonizzazione allamano
21 Lunedì    
22 Martedì m San Giovanni Paolo II, papa
23 Mercoledì m San Giovanni da Capestrano – ore 15,00 – incontro pensionati e amici
24 Giovedì m

Sant’Antonio Maria Claret, vescovo

  • Dalle o9,30 alle 17,45 – adorazione Eucaristica continua
25 Venerdì   ore 17,00 – Rosario Missionario in Chiesa
26 Sabato m  
27 Domenica  

XXX Domenica del Tempo Ordinario – giornata missionaria

Messa solenne di ringraziamento e benedizione angolo alla mano.

28 Lunedì F Santi Simone e Giuda, apostoli
29 Martedì    
30 Mercoledì   ore 15,00 – incontro pensionati e amici
31 Giovedì  
  • Dalle o9,30 alle 17,45 – adorazione Eucaristica continua


Un uomo, un prete, un padre!

 

Padre di un Kenyota, di un Italiano, di un Etiope, di un Ugandese, di un Messicano, di un Tanzaniano, di un Burkinabè!, e anche di Sorino che è amazzonico. Un uomo che ha offerto il dono di diventare figli e figlie, donando se stesso ai suoi missionari e missionarie. Un Padre che dà la possibilità ai suoi figli di assaggiare la vera paternità che sorpassa il tempo, il confine, lo spazio, e la differenza socio-politico-culturale. Si può a buon ragione dire che Giuseppe Allamano nel tempo è divenuto un padre di tanti! Nacque il 21 gennaio 1851 a Castelnuovo d’Asti, oggi Castelnuovo Don Bosco, Piemonte. Lui era il quarto di cinque figli e ricevette la sua prima educazione da sua madre, Marianna Cafasso, sorella di San Giuseppe Cafasso. In giovane età entrò nell’oratorio di don Bosco a Torino, ma dopo qualche anno preferì continuare la sua formazione nel seminario diocesano. Ordinato sacerdote nel 1873 ricopre alcuni incarichi in seminario e nel 1880 divenne il rettore del santuario della Consolata. Rimarrà lì per ben 46 anni scoprendo poco a poco il senso missionario della sua missione. Presto si rese conto dell’abbondanza di sacerdoti con cui contava la chiesa di Torino e anche convinto che ogni prete è un missionario, volle offrire la possibilità di servire la chiesa in terre di missione e, il 29 gennaio 1901, fondò i Missionari della Consolata e nel 1910, animato dall’ispirazione del papa Pio X, fondò anche le Missionarie della Consolata. Morì il 16 febbraio 1926.

Nel santuario, Allamano contempla il volto di Dio Padre e nella preghiera scopre che Dio dona tutto al suo Figlio Gesù senza trattenere nulla per sé. Il fatto che tutto in Dio è Amore, allora l’Amore non trattiene nulla per sé. Cristo a sua volta dona tutto ciò che ha ricevuto da suo Padre senza trattenere nulla al mondo (agli uomini, agli apostoli, alla Chiesa).

Nello stesso modo il fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata dona tutto ciò che ha ricevuto da Cristo attraverso lo Spirito Santo ai suoi figli e figlie. Diceva infatti verso la fine dei suoi giorni: “Vedete, per voi missionari e missionarie della Consolata, ho vissuto tanti anni, e per voi consumai roba, salute e vita. Quel poco che avevo, l’ho consumato tutto. Non avrei neppur più da far testamento. Vi ho dato tutto, proprio tutto e lo sapete. Spero morendo di divenire il vostro protettore in Cielo”. Il Padre Beato Allamano ha dedicato il suo tempo, la sua capacità, la sua conoscenza facendo dono di sé alla Chiesa. Dato che Lui ha ricevuto l’Amore della missione dal Cristo, non poteva spegnere quell’Amore infiammante. Ecco perché ha vissuto la sua vita sacerdotale formando i giovani sacerdoti della diocesi di Torino al Santuario della Maria Consolata trasmettendo loro l’amore e la consolazione di Dio. Infatti farà incidere sui muri della prima casa madre come se incidesse nei cuori queste parole del profeta Isaia 40: 1. “Consolate! Consolate il mio popolo”. Diceva ancora: “Amare il prossimo più di noi stessi: questo è il programma di vita del missionario. Se non si arriva al punto di amare il bene degli altri più della propria vita, si potrà avere il nome, non la sostanza dell’uomo apostolico. In che consiste il fiore della carità? Non solo nel dire sì, ma nel dirlo con garbo; non solo nel fare un piacere, ma nel farlo volentieri… Nel trattare, ci vuole il fiore della carità. Vorrei proprio che ognuno godesse e soffrisse col compagno, lo aiutasse in tutto ciò che può. Vorrei che vi usasse quelle piccole gentilezze, i piccoli aiuti, le piccole carità, che dimostrano che veramente vi amate gli uni gli altri come fratelli. Non bisogna avere solo carità spirituale, ma anche materiale, cioè aiutarci a vicenda nei lavori, dividere le fatiche, prenderci di mano i lavori”. Tinsae Hailu Abide.


 

 

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